Era Il mio natale


Si avvicina il natale, un periodo delicato per chi ha vissuto nell'infanzia questa sorta di magia luccicante ma spesso poco illuminante, dove le famiglie si riunivano un po' per obbligo, un po' per vera allegria. Io ho vissuto i natali della fanciullezza gioiosamente. Mia madre e le mie sorelle la notte del 24 andavano alle funzioni religiose ma io ero sempre attaccata al papà essendo praticamente la sua ombra. Mio padre abituato a cucinare perchè nostromo di bordo ai rimorchiatori del porto, poco avvezzo a recarsi in chiesa, entrava in cucina il 23 dicembre per uscirne dopo il 6 gennaio.
In casa mia c'era il ben di Dio ;
mi lasciavo inebriare dai profumi e colori delle innumerevoli cibarie, La cucina era avvolta da un nuvola aromatica emanata dalle spezie e da intingoli di ogni sorta.
Sui ripiani giacevano galline da cuocere, le sedie erano occupate da mazzi di cardi, carciofi, ravanelli e verdure da friggere in pastella. Broccoli, frutta e agrumi, conserve di pomodoro e marmellate erano sparsi per quella stanza come meravigliose decorazioni.
inorridì vo distogliendo lo sguardo da capretti e conigli scannati e privati della pelle che aspettavano di essere cucinati, soffritti e irrorati col vino dentro pentoloni di alluminio.
Brocioloni legati con lo spago e pesce azzurro da fare a beccafico stavano dentro zuppiere sopra la tavola.
I cesti pieni di noci e nocciole, mandorle atturrate, castagne ru previtu e fichi secchi erano riposti in alto sopra i pensili in modo da non essere mangiati prima della festa.
Mio padre tornava da bordo al mattino, dopo aver finito il turno di guardia e dopo essere passato dal mercato della vucciria ed aver caricato la sua bicicletta con sacchetti della spesa Pieni mostaccioli, cubbaida, trecce d'aglio e sacchetti di carta fragranti di caffè appena macinato. La cannella e lo zafferano venivano venduti a fili ed avvolti in una carta rosa e resistente. Per me bambina la sala da pranzo era immensa; noi eravamo sette figli e se penso che alla nostra famiglia composta da nove persone si aggiungevano ziti, suoceri e cognati non so spiegarmi da dove prendessero tante sedie.
La tovaglia bianca ricamata al cinquecento da mia madre e il servizio di piatti delle feste facevano la loro figura sulla tavola lunghissima del salone.
Non si facevano regali nemmeno ai bambini: per noi piccoli c'erano i morti che portavano i giocattoli.
Non c'erano panettoni nè pandoro ma il sanguinaccio, (sangue di bue cotto con l’aggiunta di chiodi di garofano, cannella e uva passa.)
Il buccellato era immancabile come anche i cannoli.
Con le lenticchie o le bucce dei mandarini come segnanumero si giocava a tombola concludendo certi cenoni che si protraevano fino all’alba.
facevamon il presepe usando le pietruzze raccolte in spiaggia e le pietre più grosse servivano per fare le montagne.
La cascata di bambagia con sotto le lucine, si snodava serpeggiando fra le montagnette sboccando dentro a un pezzo di specchio che fungeva da laghetto dove mettevamo le paperelle e al bordo il pescatore. Sopra la grotta u rurmigghiuni, un personaggio tradizionale che dormiva sotto la stella cometa.
Il bambinello nella mangiatoia restava coperto con la paglia fino alla mezzanotte del 24: poi si scopriva in segno di nascita.
Le casette di cartapesta e il muschio raccolto a monte pellegrino creavano uno scenario naturale degno di una biosfera.
Il cielo era costituito da un foglio di carta stellata .
I nonni raccontavano i cuunti, canticchiavano anche filastrocche in dialetto.
Io bambina restavo sempre delusa perchè leggendo nei libri che per natale cadeva la neve e c'era babbo Natale che distribuiva doni, non trovavo attinenza con la realtà e quindi credevo che tutto ciò che narravano i libri, compresa la nascita del bambinello raccontata anche dalle monache dell'istituto che frequentavo, fossero tutte balle.
Col tempo il natale ha perso d'importanza, tutto si trasformò in confusione e grandi abbuffate. A partire dai primi anni 80 radio tutto
diventò consumo: I regali venivano suggeriti a mezze parole da chi doveva riceverli, nacquero offese per la controparte che riceveva meno di quanto aveva donato.
ricordo mio padre che tenendo fra le mani l'ennesima cravatta o il dopobarba costoso che gli avevano regalato sorrideva tristemente.
Di mistico non ricordo nulla.
Anzi di mistico ricordo mia madre che portava una teglia di sfincione 9 una guantiera odi dolci fatti in casa a certi vicini che avevano molti picciriddi (bambini) il cui il papà stava in galera oppure era morto. Mio padre mi appariva mistico quando cucinava per un reggimento le cose alla pastetta, che non si sa mai , diceva, ca a tavula è trazzera e se viene qualcuno mancia puru iddu!
Di mistico ricordo il profumo che i mandarini lasciavano sulle mani e certe lucine verdi intermittenti che filtravano dalle eterne bende che tenevo all'occhio destro.
Mistico e caldo era Il suono degli zampognari che passavano per le viuzze dell’Arenrlls, il mio quartiere, e le cose vecchie che volavano dalle finestre per capod’anno.
C'era un calore umano e un'allegria che faceva sentire protetti da tutto. Mio padre era Natale! (si chiamava proprio così) lui era Dio per me , forte alto e possente. Non ricordo di aver mai desiderato più di quello che avevo, quando ero piccola.

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